Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

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chippz
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Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da chippz »

Sicuramente l'avrete già letto, ma che dite di questo articolo?
https://www.ilcoach.net/balle-spaziali- ... o-termine/

Insomma, meglio investire tanto e subito sul giovane piuttosto che aspettare e investire sull'adulto. Cioè, o entri nelle squadre federali da giovane oppure puoi dire ciaone al fare una vita da atleta. Insomma, meglio arrivare a 23 anni spaccato ma in una squadra federale che 23 anni con altri 5 di miglioramenti davanti ma facendo l'operaio.
Quindi è per questo che si investe subito sui giovani in Italia?

Che ne pensate? Più a livello di "carriera" che di "performance".
Gym: squat 110k / panca 70k / stacco 145k
Run: 10k 37':40" / 3k 10':22" / 1,5k 4':44" / 0,8k 2':16" / 0,4k 1':00"
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lucaliffo
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da lucaliffo »

mi pare che sia la descrizione di una realtá italiana imperfetta, non della inutilitá/dannositá della programmazione a lungo termine in sé
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Zedemel »

"atleti operai" appunto scrive, è un sistema che premia l'atleta discreto fino ad avere lo stipendio certo. Una roba alla Checco Zalone, ma non funziona per la prestazione sportiva.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da lucaliffo »

ma io li capisco. ricordo quando avevo 22 anni, ero ossessionato dall´idea "troveró un giorno un lavoro decente?". e a quei tempi era molto piú facile.
sta situazione é anche il riverbero della crisi economica eterna e relativa difficoltá di trovare lavoro. manco la laurea garantisce.
questa é la prioritá e puntare tutto sullo sport é troppo pericoloso. ma se sullo sport non punti tutto non diventi un campione internazionale.
40 anni fa ti potevi permettere di rischiare puntando sullo sport perché se a 25 anni fallivi un lavoro decente lo trovavi lo stesso.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Zedemel »

lucaliffo ha scritto: lun 11 mag 2020, 16:16 ma io li capisco. ricordo quando avevo 22 anni, ero ossessionato dall´idea "troveró un giorno un lavoro decente?". e a quei tempi era molto piú facile.
sta situazione é anche il riverbero della crisi economica eterna e relativa difficoltá di trovare lavoro. manco la laurea garantisce.
questa é la prioritá e puntare tutto sullo sport é troppo pericoloso. ma se sullo sport non punti tutto non diventi un campione internazionale.
40 anni fa ti potevi permettere di rischiare puntando sullo sport perché se a 25 anni fallivi un lavoro decente lo trovavi lo stesso.
allora non c'è molta alternativa, il campione "normale" deve avere le spalle coperte, l'aiuto della famiglia. Altrimenti bisogna essere dei fuoriclasse che ormai emergono veramente in giovane età, alla Bekele, alla Evenepoel, gente che già a 16 anni va forte come il professionista in piena carriera.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da chippz »

Zedemel ha scritto: lun 11 mag 2020, 16:32 allora non c'è molta alternativa, il campione "normale" deve avere le spalle coperte, l'aiuto della famiglia. Altrimenti bisogna essere dei fuoriclasse che ormai emergono veramente in giovane età, alla Bekele, alla Evenepoel, gente che già a 16 anni va forte come il professionista in piena carriera.
Sì, ma se sei un allenatore e ti arriva un gruppo di ragazzini? Li alleni pensando di tentare subito il tutto per tutto, cioè se non muoiono e se hanno del talento magari arrivano ai 16/17 anni ad un livello tale da poter provare ad entrare in una squadra federale, oppure li alleni più normalmente (che è anche sinonimo di correttamente) con il rischio che però così facendo nessuno di questi arriva al boom a 16/17 anni e quindi togliergli la possibilità di avere già lo stipendio assicurato?

Da sto articolo io penso solo che un allenatore che si trova con dei ragazzini (diciamo dagli 11 ai 14 anni, già 15 anni potresti essere "vecchio" per una strategia "all-in" in ottica boom a 16/17 anni) ha due possibilità:
-fare selezione fisica e genetica: quindi allenamenti a palla, spingi spingi spingi, il 90% si infortunerà, il 9% mollerà, lo 0,8% sopravvive ma senza talento non migliora tanto da risaltare, lo 0,2% sopravvive e ha talento e se avrà pure culo potrà sperare di entrare in qualche giro.
-allenare a lungo termine: quindi una programmazione elaborata, col rischio però che ad ogni anno qualcuno molla per i fatti suoi, qualcuno (minorità, si spera) si infortuna, tutti migliorano ma nessuno così tanto da poter scintillare a 16/17 anni.

Poi ovvio c'è l'ipotesi di "educare" prima di tutto, quindi anche se a 16 anni non si è ancora nessuno poi ci sono almeno altri 3/4 anni di tempo prima che il giovane entri ufficialmente nel "mondo degli adulti" e in quel tempo potrebbe capire che è possibile ottenere risultati eccellenti comunque, anche se il lavoro ti ruba tempo ed energie.


Comunque, la cosa che non è verbalmente scritta ma che è celata è il concetto che:"volere è potere, ma pure a scuola c'è la scusa del non avere tempo perché si studia e che tutti vogliono faticare poco tempo ed ottenere tanti risultati subito". E questa è proprio la mentalità della nostra atletica, sebbene però i due punti che ho scritto sono davvero esistenti.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da lucaliffo »

zedemel,
pochissimi hanno le spalle coperte nel senso che se falliscono paparino gli trova lavoro.
bisogna chiedersi all´estero come fanno... forse é piú facile trovare lavoro oppure per cultura si accollano il rischio di morire di fame
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Zedemel »

Io penso che all'estero esista un meccanismo per trovare i "supertalenti", e sentendo le storie di atleti di tanti sport, queste persone avevano caratteristiche incredibili fin da ragazzini e quando trovi il "freak of nature" ho l'impressione che spesso si crei un effetto trascinamento, per cui più gente prova a cimentarsi in quello sport e da lì anche il livello medio del resto della truppa nazionale migliora.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Sailar »

Per i grandi talenti il problema di dover forzare le tappe per diventare professionisti non si pone, perché l'entrata in un gruppo militare è una formalità. Crippa, Tortu, Tamberi (e si potrebbero fare una serie di altri nomi) hanno trovato la fila fuori senza dover prendere rischi sui carichi di allenamento. E con tutte le possibilità, quindi, di programmare a lungo termine.

Il problema si pone piuttosto per quelli che sono abbastanza forti, ma non dei veri crack.
Per quest'ultimi, effettivamente, forzare un po' la mano da allievi e juniores può essere decisivo per il passaggio al professionismo, che in Italia coincide in modo obbligato con essere militari, a meno di non essere benestanti di famiglia.

Credo che il tecnico debba valutare caso per caso il da farsi. Se un ragazzo ha una situazione familiare difficile e finita le superiori non può più essere mantenuto dai genitori, è comprensibile che il tecnico provi una programmazione più azzardata per tentare di fare il salto nel professionismo. Dico comprensibile, non giusto a livello di programmazione. E ovviamente deve esserci la conspevolezza/condivisione anche da parte dell'atleta stesso di quello che si sta provando a fare

In linea generale sono comunque dell'idea che chi perde il treno per il professionismo poteva diventare nel migliore dei casi un buon interprete della specialità a livello nazionale, con possibilità quasi nulla di esserlo a livello internazionale.
chippz
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

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Zedemel ha scritto: lun 11 mag 2020, 21:52 Io penso che all'estero esista un meccanismo per trovare i "supertalenti", e sentendo le storie di atleti di tanti sport, queste persone avevano caratteristiche incredibili fin da ragazzini e quando trovi il "freak of nature" ho l'impressione che spesso si crei un effetto trascinamento, per cui più gente prova a cimentarsi in quello sport e da lì anche il livello medio del resto della truppa nazionale migliora.
Io so della storia della ragazzina che alleno. A 9/10 anni provò a fare pattinaggio sul ghiaccio. Tempo qualche mese era talmente brava che la misero nel gruppo agonisti 12/13 anni e un allenatore (tra l'altro atleta della nazionale, forse pure campione italiano ma non mi ricordo più chi fosse) le mise dietro uno staff per poter essere allenata 1-1 un tre/quattro volte a settimana. Ovvero, oltre agli allenamenti con la squadra del gruppo agonista di 3/4 anni più grandi di lei, le avevano dato la possibilità di allenarsi singolarmente con sto allenatore-atleta nazionale. Proprio perché la riconobbero come un talento fuori dal comune (e ho visto che poi a 12 anni in palestra sollevava più dell'attuale campionessa italiana di quando ne aveva 16, oltre al fatto che a 12 anni ha i quadricipiti più muscolosi dei miei :shock: ).

Quindi lei può essere definita un "freak of nature".
Però, aggiungo il continuo della storia per sottolineare le differenze Italia - altri Paesi.
La storia finì che dovette abbandonare pattinaggio sul ghiaccio perché.... tutti quegli allenamenti erano tutti a carico suo e veniva fuori una spesa esorbitante, adesso vado a memoria ma mi pare una roba quasi da 1000 euro al mese (o a semestre, non mi ricordo, comunque una cifra che non potevano permettersi). Negli altri Paesi tutte le spese a chi fanno carico?
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