Mi chiamo Marcello e, per motivi oramai più personali che concorsuali, vorrei superare l'ostacolo della corsa. Un breve epilogo.
Quando avevo 23 anni, correvo quasi tutti i giorni. Ero alto circa 183 cm e pesavo sui 65 kg. Correvo dai 45 ai 90 minuti al giorno senza alcun problema. Avevo una media di 5:30 minuti a km, non avevo la necessità di incrementare prestazioni di velocità, ma potevo realmente correre senza stanchezza anche per 120 minuti. Sono riuscito a mantenere questa costanza sino i 25 anni. Successivamente, ho abbandonato.
Negli anni, per motivi concorsuali, mi sono riapprocciato alla corsa ma per prestazioni in velocità-tempo e non in resistenza. Ai miei 27 anni mi sono preparato per i 1000 metri piani. Allenamento di ripetute: ho conseguito con due mesi di preparazione un tempo di 3:20 minuti. Idoneo.
Passiamo ad oggi. SFACELO. Sono alto sempre 183 cm ma il mio peso oscilla (kg più, kg meno) sui 76 kg. Ho trentatré anni. A settembre 2019 mi sono dovuto preparare per i 2000 metri corsa piana (tempo massimo: 9 minuti). Un'odissea. Tre mesi di preparazione. Dopo i primi 45 giorni, dolore ai polpacci. Non riuscivo più neanche a camminare. Erano duri come ferro. Contatto l'associazione agonistita podisti della mia città. Prendo appuntamento per alcune lezioni con un maestro perché ero certo di sbagliare qualcosa. L'istruttore mi dice che la mia postura non andava bene e che avrei dovuto sollevare maggiormente le ginocchia durante la prova. Lo ascolto. Di fatto, sollevando le ginocchia e aumentando la falcata, guadagno 20 secondi pieni sull'esito della prova. Superata a pieno titolo a gennaio 2020 (ma con pregressi quotidiani impacchi di ghiaccio e Dicloreum su polpaccio e caviglia per sciogliere la pietra, vera pietra).
Adesso devo prepararmi per la 3000 metri corsa piana. Tempo massimo: 13 minuti. Sono fuori. Molto fuori. Corro da agosto 2020, la prova è a gennaio 2021. Ad oggi, sono bloccato. Nonostante mi prenda (adesso) più giorni di riposo tra una corsa e l'altra, appena corro, dolore tibiale che mi blocca. Sono passato da fine luglio 2020 che correvo massimo per 1500 metri (poi morivo) a 6 minuti a km, ad oggi che faccio 8 km senza risentirne di fiato e muscoli a 5 minuti a chilometro. Ma la tibia mi blocca.
Alcuni miei colleghi dicono che possa essere periostite. La cosa certa è che dopo i primi 2 km a passo blando (5:30 a km) sento come un dolore che dall'interno della tibia si sposta verso l'esterno e preme. Se accentuo la falcata e ruoto maggiormente la caviglia per avere una maggiore escursione punta-tallone (ad esempio durante gli allunghi), la tibia brucia e preme ancora di più. Se mi fermo e provo da in piedi a sollevare la punta delle dita dei piedi, muoio. Con lo stretching va via (anche se camminando lo avverto ancora). Da circa una settimana faccio anche stretching tibiale (mi siedo con le ginocchia a terra, piedi sotto i glutei, dita e piedi che puntano indietro. Mi siedo sui talloni e allungo la zona tibiale. UN MALE CANE). Adesso ho deciso di non correre la prossima settimana e di fare stretching ogni giorno, anche se non corro. Riprendo lunedì 19 ottobre. So anche che dovrei incrementare con le ripetute perché non riesco a star giù con i tempi (ad oggi, faccio i 3000 metri in 14 minuti). Al momento non ho mai variato l'allenamento, solo corsa costante da 7/8 km, con allunghi l'ultimo chilometro. Tutto qui. Ma con questo dolore, le ripetute sono un ago che spinge quel dolore.
Cosa devo fare, a parte impiccarmi?
![Very Happy :D](./images/smilies/icon_e_biggrin.gif)
Help please.
(Scarpe da runner Kalenji, fascia medio-alta, con non più di 200 km. Allenamento su asfalto, prendo tempi e distante con orologio GPS.)