lucaliffo ha scritto: lun 27 nov 2017, 11:43
[...] deficiente e prepotente è chi non vuole quagliare nulla in un certo campo.
oppure è un IPOCRITA, perchè le sue idee ferme ce le ha eccome e con queste attacca eccome chi ha idee diverse. solo che gli piace mostrarsi "relativista" per ricevere applausi perchè così va la moda. [...]
Ciao
lucaliffo,
innanzitutto devo dirti che mi fa piacere il tuo tornare a leggermi; io non ho mai smesso di farlo. Ti ringrazio. Preferisco sempre le persone ruvide e pure ostili, agli indifferenti o qualunquisti: tu, a me sembra, non sei né l'uno né l'altro.
Noi due, in tutta evidenza, siamo molto diversi: proveniamo da culture differenti, viviamo in ambienti geograficamente e socialmente distanti, abbiamo impegni privati e pubblici dissimili, anche per età siamo di generazioni diverse. Siamo opposti in quasi tutto: nel considerare la politica, la donna, la cultura, lo sport. Per di più in questo consesso siamo, a me pare, come due galli nello stesso pollaio: non che gli altri siano galline, ma noi due tendiamo a beccarci e fare a chi canta più forte.
Siamo polemici e, diciamolo, la disputa ci diverte; forse divertiamo (o infastidiamo?) anche altra gente di questo
forum, altrimenti più noioso. Credo che noi due riusciremmo ad accapigliarci anche sul dire da che parte sorge il sole.
Comunque uno sforzo per meglio interloquire dovremmo farlo; in tal senso non trovo di meglio che auto-citarmi…
Io, l'ho detto fin dalla mia iscrizione a questo forum, non sono molto pratico del come ci si deve comportare nel web: non sono iscritto a facebook, né a twitter né ad altri social network; non ho lo smartphone nè il tablet; navigo poco in internet , dal mio computer di lavoro, solo quando posso concedermi delle pause. Sono della vecchia generazione: abituato al dialogo diretto, faccia a faccia; alla vivace discussione quando mi trovo tra poche e conosciute persone; al tener comizio in situazioni assembleari.
Ora però mi sto rendendo conto che qui, in questo e nei due forum (Running Forum e Runners Italia) che frequentai, è tutto diverso: che la conversazione collettiva in rete è tutt'altra cosa di quella dal vivo.
Probabilmente dipende dal mezzo e da come sono strutturati i social media. Qui non conta tanto l'argomentare, vale poco la sottile disquisizione, è inefficace la bella esposizione: qui conta la spettacolarità di chi le spara meglio e più grosse. Contano, più dei significati, gli effetti che si producono e, da questi, quanta attenzione si suscita. Più si è istrionici, provocanti, eclatanti, più si viene letti. I sommessi e ragionevoli distinguo vengono poco considerati e presto scordati. Alla fine, più del ragionare e dell'esporre sensate e pertinenti argomentazioni, prevale la presenza e chi con più frequenza si fa sentire. Pochi leggono i lunghi impegnativi messaggi, e anche i più interessanti si perdono presto nel mare di quelli che in continuazione si sovrappongono. È difficile star dietro al filo logico di una discussione: come avviene appunto nelle liti tra comari, basta che uno la butti in caciara ed è bell'è innescata la rissa.
C'è poi che in queste discussioni virtuali, più che in quelle reali, per prevalere conta l'aggressività e il dispregio dell'avversario: il galateo non conta, vale l'arroganza, l'eccesso retorico, la strumentale fandonia. Nella rete non c'è fact-checking che tenga: parato da un nickname ognuno può millantare quel che vuole, distorcere tutto quel che crede.
L'ossessione dell'aver ragione e del dimostrare il torto dell'altro, trasforma ogni discussione in una disputa: come uno scontro sul ring il fine è mettere KO l'avversario; come in certi talk show, vince chi urla di più. Non serve raggiungere una conclusione (la verità è da escludere), non importa la ricerca di una qualche concordanza: più di tutto conta l'uscire trionfanti dalla contesa, dicendo l'ultima e definitiva parola magari tra i pollici alzati degli alleati e la soddisfazione di ridurre piegato sotto “pollice verso” l'avversario .
Ma, mi chiedo, occorre per forza concludere con una ragione ed un torto? Non possiamo rimanere che ognuno ha la sua parte di torto e di ragione? E poi, ogni questione deve necessariamente finire con una verità sancita? Ci sono anche le cosiddette controversie aporetiche (scusate l'intellettualismo): cioè che certe diatribe (il sesso degli angeli; viene prima l'uovo o la gallina; il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno; meglio correre di avampiede o di tallone; ecc. ) non hanno una soluzione e lasciano piena ragione (o torto) ad ognuno dei contendenti.